Secondo appuntamento con Vittorio Sereni



Continua l'omaggio alla poetica di Vittorio Sereni. Se vi siete persi la prima parte potete leggerla qui.

Se la lezione di Banfi ha avuto il merito di inaugurare un periodo di conoscenze e frequentazioni proficue per il giovane Sereni, conoscenze che avrebbe poi coltivato nel corso della sua vita (ne è testimonianza il carteggio tra Sereni e Parronchi), non ci si può esimere dal ricordare quanto le sue parole risuonarono nell'animo solitario del poeta e scrittore di Luino avvicinandolo, sempre più, alla riflessione sul ruolo e sul valore dell'intellettuale nel secondo dopoguerra. Banfi avvertiva una certa reticenza verso l'arte, un modo sterile di sentirla e produrla, quell'aridità di cui non si ha coscienza ma che viene percepita, che scalpita tra le mani, che esce sottecchi e improvvisa una lirismo che non le appartiene. Questo sembrava essere il volto dell'arte e il valore dell'intellettuale nel secondo dopoguerra secondo Banfi.

E Sereni accoglie il suo pensiero facendolo proprio, modellando quella voce profonda sulla base delle sue perplessità, dei dubbi che la lontananza dall'Italia acuirono in uno spirito già segnato dalla vita. 
Uomo controverso, Sereni torna in Italia dopo un periodo di prigionia in Nord Africa durante il secondo conflitto. Le pagine che compongono la seconda raccolta poetica, Diario d'Algeria, rientrano appieno in quello che potremo definire diario personale, racconti in versi, documentario poetico di una tragicità collettiva e personale. La sua poesia risente del dramma vissuto e coglie il vuoto storico, di un periodo contraddittorio, privo di qualsiasi speranza per il futuro. Ma non è scetticismo quello che contraddistingue Sereni, si potrebbe invece dire che si tratta di un pessimismo animato da un certo mistero, affascinante se vogliano, ma difficilmente comprensibile. E su questa difficoltà si annidano le riflessioni.

Non sa più nulla, è alto sulle ali

Non sa più nulla, è alto sulle ali
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna.
Per questo qualcuno stanotte
mi toccava la spalla mormorando
di pregar per l'Europa
mentre la Nuova Armada
si presentava alle coste di Francia.

Ho risposto nel sonno: - E' il vento,
il vento che fa musiche bizzarre.
Ma se tu fossi davvero
il primo caduto bocconi sulla spiaggia normanna
prega tu se lo puoi, io sono morto
alla guerra e alla pace.
Questa è la musica ora:
delle tende che sbattono sui pali.
Non è musica d'angeli, è la mia
sola musica e mi basta.

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