Giudici: Camilleri, Lucarelli e De Cataldo raccontano la figura del giudice

La figura del giudice raccontata da Andrea Camilleri, Carlo Lucarelli e Giancarlo De Cataldo nel romanzo edito da Einaudi, Giudici, è singolare all'interno della storia della letteratura italiana. Fino ad ora, come ha asserito Lucarelli in un'intervista, la giustizia vista e vissuta da un giudice non è mai stata narrata. Si parla dell'applicazione della legge, ma non si parla mai del giudice come di una persona che cerca di capire le ragioni umane di un certo comportamento sulla base delle quali emette un giudizio. 

Questo, come sottolinea nella stessa intervista Camilleri, è quello che i tre scrittori hanno voluto narrare: il giudice come una persona che possiede vizi, virtù, abitudini, problemi personali... una persona come tante ma con il gravoso compito di indagare nell'animo umano di coloro che compiono azioni contro la legge.

La storia del Giudice Surra, scritta da Camilleri, apre il romanzo. Surra è un torinese di mezza età trasferitosi a Montelusa, una piccola località rurale della Sicilia. Qui conoscerà i piaceri della tavola (il giudice è ghiotto di cannoli siciliani e, approfittando dell'assenza della moglie rimasta a Torino, passa quasi ogni giorno alla pasticceria centrale del paese) ma anche i favori che, gentilmente, si scambiano prefetti, avvocati e magistrati con la malavita. Il suo compito è infatti quello di riaprire il tribunale per riprendere in mano i fascicoli della malavita montelusana ed aprire i processi. Il giudice Surra sarà un elemento di novità in questa società in cui, fino ad allora, a governare erano i prepotenti, coloro che facevano rispettare le leggi con comportamenti che si basavano su un codice d'onore che "agli occhi di un non siciliano potrebbe apparire come criminale" e invece "è mosso da un coraggio estremo, dove la morte può costituire il premio più ambito". Queste le parole del senatore Pasquale Midulla, nonché sottosegretario al Ministero della Giustizia che, il giorno prima di partire per Roma, cerca di far capire al Giudice Surra quanto siano importanti i fascicoli di questi "prepotenti" siciliani e quindi lo intima a trattarli con cura. Ma Surra non si farà intimare da Midulla e neppure dalla testa di capretto recapitata al suo ufficio o dal tentato omicidio in pieno centro a Montelusa. Il giudice Surra, con un comportamento algido e non privo di ironia, mette a tacere i prepotenti di quella sperduta località siciliana e dimostra al popolo qual è il vero significato della parola giustizia.  

Il giudice Bambina raccontata da Lucarelli è una figura all'apparenza mite e dolce, descritta proprio come una ragazzina in jeans e scarpe da tennis, acconciatura sbarazzina e aria spavalda. Il racconto è ambientato nella Bologna degli anni Ottanta e Il giudice Bambina si ritrova vittima di un attentato di fronte agli occhi increduli del brigadiere Ferrucci Ivano, detto Ferro. Dopo trentasette anni di servizio, Ferro viene defraudato dal suo compito originario e mandato "come tutela" a scortare quella che tutti conoscono come La Bambina. Tra loro poche parole, qualche sguardo dallo specchietto e la passione per la musica. Avviene tutto in un attimo: in macchina, quasi sotto casa, lei si volta per prendere la borsetta lasciata sul sedile posteriore e si sente uno sparo, poi un altro e ancora fino a quando il brigadiere non scende dall'auto e spara a vuoto. Il furgone ormai si è dileguato. Ma la pallottola ha ferito La Bambina che viene subito ricoverata d'urgenza. Gli anni, la stanchezza, i reumatismi... lo pensano un po' tutti che è colpa del brigadiere se le cose sono andate in quel modo ma soprattutto lo pensa lui. Eppure il suo coraggio lo spinge all'ospedale proprio il giorno in cui quelle stesse persone si recheranno nella stanza della Bambina per ucciderla definitivamente. Il brigadiere riuscirà a portare in salvo la Bambina ma qualche giorno dopo in centro a Bologna verrà casualmente investito. Sarà la Bambina ad andare in fondo a questa storia, rendendo giustizia al brigadiere ma soprattutto mettendo "i bastoni fra le ruote" a quelli che hanno cercato di ucciderla e che ci sono riusciti con Ivano Ferrucci. "Se gli mettiamo i bastoni fra le ruote prima o poi la macchina si ferma".

Il triplo sogno del procuratore scritto da De Cataldo può apparire come la rappresentazione, in chiave metaforica, del dualismo tra il bene e il male evocati dapprima nei ricordi d'infanzia del procuratore Ottavio Mandati e successivamente nei suoi sogni. Mandati è vissuto in un periodo in cui i maestri erano giustificati, se non incoraggiati, a far rispettare le regole con bacchettate e altri metodi poco ortodossi che, purtroppo, premiavano i più maneschi, spioni e cattivi della classe primo fra tutti Pierfiliberto Berazzi-Perdicò. Grazie al nuovo maestro le bacchettate scomparirono e si parlò sempre di più del concetto di democrazia. Nonostante ciò Berazzi-Perdicò riuscì ad avere la meglio comprando i voti e facendosi eleggere capoclasse. I sogni di Mandati, parecchi anni dopo, rievocheranno le oppressioni subite durante gli anni della scuola dell'obbligo soprattutto da parte di Berazzi-Perdicò. Proprio con quest'ultimo si dovrà scontrare da grande, una guerra che sembra non avere fine in quanto entrambi sono convinti e sostengono a gran voce un modo di vedere e concepire la giustizia totalmente opposto. Una guerra che non vedrà vincitori o vinti in questo flusso onirico continuo che sembra coinvolgere anche la realtà dei fatti.

Giudici di Camilleri, Lucarelli e De Cataldo è un romanzo che ripercorre le pagine più scottanti della storia contemporanea italiana: dalle origini della Fratellanza, detta anche Maffia (negli anni ha perso una effe, come sottolinea nel libro Camilleri) alla strage di Bologna degli anni Ottanta, dalla visione simbolica della giustizia a quella antropologica del giudice. Tutto ciò è raccontato con una vena di ottimismo e speranza, quella stessa speranza insita in ognuno di noi.

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